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      E restando governatrice de' figlioli, che erono pupilli, si poteva dire potessi disporre di tutta la roba che era suta del padre. Onde lei, traportata dalla libidine, tolse per marito un giovane che stava per famiglio col padre e gli dette il dominio di tutto. Lui, caldo di roba e desiderando levarsi davanti e' figliastri, gli bastonava, percoteva, dava lor mal da mangiare e peggio da bere, di qualità che in dua anni n'erono morti tre. E lui, vedendo questo, aveva deliberato partirsi e cercare in qualche altro luogo sua ventura.
      Increbbemi del giovane e li offersi che, quando fussi in Constanzia, li farei quello poco di bene che potessi. E considerai quanto pazzamente faccino quelli che lasciono le moglie a disporre di loro eredità, delle quali [33v] è qualcuna che la conduce bene, ma infinite che a cattiva fine le indirizzano. Né voglio dare di questa materia essempli perché sarebbero odiosi, ma chi andrà essaminando la città nostra troverrà esser così.
     
      Passai il dì la montagna predetta, la quale è aspra. Et ancora che fussimo a dì 6 di luglio, v'era qualche poco di neve e freddo grande, e perché ero vestito da state, mi dette non piccola molestia. E la sera, fermandomi a un luogo detto Clost, poco potetti mangiare. Andàmene a dormire e mi parve mille anni fussi giorno per cavalcare. E mi posai la mattina a un castelletto nominato Nint in una osteria dove l'ostessa ordinò presto da desinare. Ma, mentre mangiavo, sentì' cantare preti: fecimi alla finestra e viddi portavono a sotterrare una fanciulla e la traevono dell'osteria.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





Constanzia Clost Nint