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      Il Venafro, che volentieri s'opponeva perché gli pareva in quel modo dimonstrare meglio la sua eloquenzia et aveva odio particulare col re Ferrando, perché aveva lasciato perdere lo stato al re Federigo e toltone una [87v] parte per sé, gli rispose che non sapeva che nell'arme lui avessi fatto cosa alcuna eccellente e, se aveva vinto in molti luoghi, erono suti li suoi capitani e non lui, ma che molto più aveva ottenuto con fraude che con virtù; e che aveva ingannato il re di Granata e poi il re Federigo il quale, quando sperava da lui aiuto, si trovò l'armata, che credeva avessi mandato in suo favore, esserli contro; e che Consalvo ottenne poi la vittoria contro a' Franzesi, quando il Re era in Ispagna (et il premio che ne riportò fu che subito gli diventò sospetto e l'abdicò da tutte le faccende et oggi si sta riposto in uno angolo di Spagna); e che nell'azione della pace non sapeva vedere, non sapeva discernere tanta sua iustizia e bontà, perché vedeva lasciava governare assai alla Regina e lui attendeva a darsi piacere, quando con altre donne, quando a giuoco, quando a caccia.
      Il vescovo lo escusava con dire che era assai che avessi ordinato in modo la sua milizia che in essi fussino capitani che valessino, e che debellò la Granata per forza e non con fraude; e che, conoscendo che il re Federigo perdeva il Regno di Napoli e non lo potere aiutare, volle piuttosto averne una parte per sé che lasciarlo tutto al re di Francia, donde [88r] ne seguì che Consalvo, con sua virtù e prudenzia, possette cacciare e' Franzesi di tutto quel regno; e che gli diventò sospetto con ragione, perché seppe certo che esso disegnava farsi re e nondimeno, avendo rispetto alla sua virtù, lo lasciò vivere e gli bastò non li potessi nuocere; e che dava grande auttorità alla Regina perché li era ubrigato e la conosceva donna che valeva assai; e, se si dava piacere con altre donne, era cosa naturale e che nessuna ne volle mai per forza né per mezzo d'esse elevò alcuno in grado; e che non voleva negare che esso non fussi dedito al giuoco, ma che in quello non usò mai fraude e si contentò sempre più presto di perdere che di guadagnare; e che la caccia è cosa propria de' principi e' quali in essa si debbono essercitare per non impigrire e marcire nell'ozio e per essere poi più robusti e nella milizia e nell'altre faccende hanno a fare.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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