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      E, come interviene spesso a chi è ricco e pieno d'ozio, s'innamorò d'una femmina d'Ispruc, figlia a uno fornaro e, di volontà del padre, durò qualche anno a darsi piacere seco. E, benché fussi confortato da molti amici e parenti di prendere moglie, non ne voleva udire niente. Pure cominciando già a essere in età d'anni venticinque, sendo tutto giorno combattuto con parole e stretto in ultimo dall'Imperatore, prese per donna una figliuola d'un gentiluomo del contado di Tirolo bella, onesta e galante e con buona dota.
      II che venendo alli orecchi della fornara, che Lisabetta aveva nome, n'ebbe quel dispiacere che si può pensare, iudicando avere a essere a un tratto priva e dell'innamorato e della roba ne traeva, che non era poca. Pure, venendo esso da lei come prima e dicendoli [90r] essere stato in modo astretto da Cesare che non aveva potuto negare il tôrre donna, essa monstrò crederlo e gli fece buona cera come prima. E seguitorno darsi piacere insieme insino che fu il tempo che Andrea doveva consumare il matrimonio.
      Il quale, per potere fare le nozze più suntuose, deliberò farle in Ispruc, avendo commodità del palazzo dell'Imperatore il quale era assente.
      Venuto dunque il giorno delle nozze, la Lisabetta pregò Andrea che fussi contento, la sera che si doveva coniungere con la moglie, come aveva cenato venire da lei e coniungersi prima seco, e che voleva tal grazia da lui perché era l'ultima volta s'avevono a trovare insieme in piacere. E lui gnene promisse. Lei dunque, pensando di nuocere a Andrea et alla moglie, non si curò di mettere ancora sé in qualche pericolo.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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