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      È biasimato ancora che si dilettava di giucare. Né io sono tanto ardito che presumessi, contro una opinione inveterata, lodare il giuco, né ancora mi risolvo a dannarlo in uno uomo grande e, se bene uno principe doverebbe sempre stare occupato in offici laudabili et utili alli popoli, quando essamineremo la vita delli principi passati, non danneremo in modo alcuno quelli che, per fuggire ozio e passare malancolia, della quale questa nostra vita è piena, si dilettono qualche volta di giucare, massime se lo fanno sanza venire in collera, sanza fraude e sanza avarizia. E Ferrando intendo che nel giuoco mai si turbava, che giucava liberissimamente e che quasi sempre perdeva, e spesso perché voleva perdere. Et io non so dove uno uomo grande possi mostrare maggior liberalità che nel giuoco, perché è proprio del liberale volere che quello in chi conferisce il beneficio non li sia obligato, né conosca di esserli: e questo accade proprio a uno principe, quando si lascia vincere giucando.
      Morì Ferrando pieno di anni, ancora che si promettessi assai più lunga vita. E lasciò erede di tutti li stati suoi, et in Spagna et in Italia et altrove, Carlo, figliuolo della sua prima figlia, nato di Filippo, figliuolo di Massimiliano imperatore, che dovea essere allora di età di anni sedici. Lasciolli ancora il regno di Navarra, la quale avea di poco tolto al Re che la possedea.
      Et essendo domandato, alla morte, dal confessore come volessi disporre di quel regno, il quale avea tolto ad altri, rispose che lo avea tolto a chi ne solea essere signore, perché papa Iulio lo avea escomunicato e privato del regno come scismatico; e che s'el Papa era Vicario di Cristo in terra, come lui credeva, teneva con più iustizia quel regno che stato ch'egli avesse.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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