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      Ma il Papa diceva [24v] che, se non privava il Duca dello stato, el quale si era condotto con lui e preso danari et, in su l'ardore della guerra, era convenuto con l'inimici né pensato che era suo suddito, né altro, che non sarebbe sì piccolo barone che non ardisse di fare il medesimo o peggio, e che, avendo trovato il pontificato in riputazione, lo voleva mantenere. Et in fatto, volendo vivere i pontefici come sono vivuti da molte decine di anni in qua, il Papa non poteva lasciare il delitto del Duca impunito.
      Non durò Lorenzo molta fatica, né consumò molto tempo in spogliare Francesco Maria di tutto lo stato di Urbino, et in ultimo li tolse Pesero e la fortezza. Et in pochi mesi la terra e fortezza di San Leo, che è tenuta cosa inespugnabile, pur con ingegno fu presa. Né mi estenderò a dire il modo particulare perché, ancora che questo luogo abbi gran fama, non merita però se ne parli a lungo. Francesco Maria con la moglie e figli si ridusse a Mantoa, al marchese Francesco suo suocero.
     
      Come lo Imperatore fu partito dello stato di Milano, Carlo di Borbone si ritornò in Francia, né li parve che li fusse saputo da Francesco quel grado di avere in tanto pericolo conservato lo stato di Milano, che li pareva meritare. Rimase governatore della ducea di Milano e locotenente del re di Francia in Italia Odetto di Foes, il quale, presa che fu Brescia, attese insieme con lo essercito veneto, che avea per capitano Teodoro Triulzio, a seguitare la impresa contro a Verona per tôrla allo Imperatore, dove era a guardia Marcantonio Colonna, uomo, e per esperienzia e per ogni altra qualità, eccellentissimo nell'arme.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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