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      E benché fussino certi, che se i Medici deponevono lo stato, che loro rimarrebbono a discrizione di quelli che li tratterebbono male e li affliggerebbono [58r]e nella roba e nella persona, vollono correre questo pericolo. E monstrando al cardinale di Cortona a che termine la cosa era ridotta, lo confortorono e pregorono che lasciassi lo stato in mano dell'universale, senza scandolo. Al che egli, benché malvolentieri, acconsentì.
      E però alli sedici di maggio si deliberò una provisione nella Balìa, per la quale si provedeva che Iulio de' Medici, chiamato papa Clemente settimo, Ipolito, figliuolo del duca Giuliano, Alessandro e Caterina, figliuoli del duca Lorenzo, potessino godere le loro possessione e case liberamente e stare in Firenze o altrove, dove venissi loro a proposito. E fu promesso che tutti e' delitti, non cognosciuti insino a quel dì, sarebbono perdonati, eccetto che a quelli che avessino tolto danari o roba al publico o al privato, e che si tornassi al Consiglio Grande come si viveva d'agosto nel dodici, prima che i Medici tornassino.
      Ottenuta la provisione, il cardinale di Cortona si partì alli diciasette, e ne menò Ipolito et Alessandro. E della provisione fu osservato quella parte che è parso a chi è suto poi in magistrato.
     
      Sarei suto desideroso scrivere quello che è successo questo anno ventisette, ma sendo stato assente dalla città, rispetto alla peste, e non avendo modo d'avere vera notizia di quello segue dì per dì, differirò a farlo altra volta in uno altro libro et in tempo manco travagliato di questo, al quale Iddio ci conceda grazia pervenire.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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