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      Et alla madre portava tanta riverenzia, che sarebbe impossibile a scriverlo, e così al Cardinale et a Giuliano et a messer Iulio, suoi zii, né mai usciva della volontà loro.
      Mutossi lo stato in Firenze di settembre nel dodici. E li zii e lui tornorono nella città, dove usò tanta umanità e modestia, che, in pochi mesi, tirò a sé l'animo della maggior parte de' giovani fiorentini, co' quali familiarmente conversava.
      Seguì, nella fine del dodici, che, sendo morto Iulio pontefice massimo, fu assunto al pontificato il rev.mo Cardinale suo zio, el quale si chiamò Lione decimo. Il che come Lorenzo intese, subito corse a Roma, pregando il Papa che fussi contento tenerlo appresso di sé, perché conosceva essere conveniente che Giuliano, suo zio, governassi lo stato di Firenze. Acconsentì il Papa a questa sua dimanda ma, venendo poco dopo Giuliano a Roma e non si contentando in questo modo, si mutò e volle che Lorenzo fussi quello che tornassi in Firenze e Giuliano rimanessi a Roma.
      Acconsentì Lorenzo a quello piacque al Papa, e se ne tornò in Firenze per ordinare nella città un modo di vivere come quello che era a tempo di Lorenzo, suo avolo, e Piero, suo padre. E già ne aveva cominciato a gittare ottimi fondamenti e durava tanta fatica in dare audienzia, in comporre differenzie tra cittadini, in volere che le pecunie del Comune fussino amministrate rettamente, in dare opera che si facessi severa iustizia al povero, al ricco, al piccolo, al grande, che pareva maraviglia che uno giovane come lui volessi tanta subiezione e servitù. E la madre, che era avezza in terra di Roma e nel Regno, spesso lo riprendeva, monstrandoli che non teneva il grado suo, e che a' cittadini fiorentini pareva essere suoi compagni, e che non era conveniente fussi così, e che, se egli voleva vivere in quel modo, ella voleva tornarsene a Roma a pregare il Papa che dessi al figliuolo stato nel quale [60r] avessi sudditi e non compagni.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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