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      A Lorenzo, sendo di verno e lo essercito di Francesco Maria sendo raccolto con pochi danari, occorreva non fare campo né grande spesa, ma solo a guardare e' buon luoghi, perché gl'inimici, se così si procedeva, erono forzati presto a risolversi. Non piacque al signor Renzo questo partito, ma volle si soldassino fanti assai, perché a lui pareva essere in più riputazione mentre durava la guerra e che il Papa aveva bisogno di lui; et, oltre alla riputazione, [62v] sperava trarne danari. Soldoronsi fanti italiani, guasconi, tedeschi e spagnuoli e nondimeno Renzo non voleva venire alla giornata. Ma Lorenzo era d'oppenione contraria perché, avendo grande e buono essercito, gli pareva che, combattendo, la vittoria dovessi essere per lui et, ottenendola, avere finito la guerra, ma quando non fussi, gli pareva avere modo a rifarsi. E nel passare che volle fare coll'essercito Francesco Maria il Metro, Lorenzo ordinò le squadre per combattere e lui, così ammalato, era tra li primi soldati per dare drento; ma Renzo dissuase il combattere e sbigottì li uomini, di qualità che l'essercito inimico passò senza opposizione alcuna. E sendosi perduta l'occasione del vincere, Lorenzo fu constretto a ridurre l'essercito suo in su certi monti dove, sendo ancora di verno, patì assai.
      Et avendo conosciuto quanto potessi confidare nell'animo e fede de' capitani, pensò governarsi da sé medesimo. Et avvertendo che, stando quivi, presto l'essercito verrebbe in penuria di viveri, deliberò entrare in certo paesetto, chiamato il Vicariato, e tentare d'espugnare uno castello, detto Mondolfo, abbondante di grano e di vino.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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