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      Abbiamo dipoi inimici tutti quelli libertini, da trentacinque anni in su, che frequentavono il Consiglio, i quali si giudicavono esser felici nel primo grado quando si trovavono nel Consiglio a deputare e' Signori, li Dieci, li Otto e li altri magistrati d'onore e d'utile della Città; e' quali non è possibile contentiamo, e sempre saranno intenti alla ruina nostra.
      Sonci dipoi quelli che conseguivono e' primi magistrati: erono de' Signori, di Collegio, de' Dieci, delli Otto, de' Nove, delli Ottanta; e' quali avevono un piacere incredibile quando un di noi, a chi erono soliti domandare d'esser veduti Gonfalonieri o de' Settanta, capitava loro alle mani o con difficultà otteneva d'essere udito. Di questi, che son forte ambiziosi, ce ne potreno fare amici alcuni più deboli; ma li maligni, se non son dati loro e' primi gradi, non si muteranno e non ci possiamo fidare di darli loro.
      Restono nella Città li artefici minuali, che non intervenivono nel Consiglio, né partecipavono di governo, e' quali ci doverremmo sforzare farci amici; ma non lo possiamo fare, perché le spese necessarie che abbiamo ci constringono a porre danari: e l'amore de' popoli verso il principe procede dall'utile. Questi commessari ecclesiastici cercono di tôr loro compagnie e spedali per mettervi monache, e' quali loro hanno posseduti lungamente e fattoli con le loro spese e fatiche; e, quando ne saranno privati, resteranno in malissima satisfazione. Hanno ancora questi artefici, nel tempo della guerra, comperato da arte e da spedali perché guadagnavono, et ora il privarneli gli dispererà in tutto.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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