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      E quando il Cardinale col duca d'Urbino e gli altri deliberorno di volere sforzare il Palazzo, sarebbe seguita l'occisione d'una gran parte della nobiltà che vi si era ritirata, e forse il sacco della città, se Francesco, che anch'egli era in Palazzo, non si fossi molto affaticato insieme con Niccolò Capponi, suo cognato, per indurre quegli di drento all'accordo, dimandato instantemente dal signor Federigo da Bozzoli e messer Francesco Guicciardini per quegli di fuora. Nel che, se bene Francesco ebbe difficultà, con tutto ciò, mostrando il pericolo che loro soprastava e che non vi erano instrumenti atti a potervi riparare, con molta fatica gl'indusse a convenzione e distese una scritta, la quale da quegli di drento e quelli di fuora fu sottoscritta e contenne che le cose ritornassino nel termine di prima e di quel giorno nessuno si ricordassi.
      Andò sempre in augumento l'autorità di Francesco sì che, quando egli stava nella città, la sua openione era sempre ricerca in tutte le deliberazioni d'importanza che si avevano a pigliare. E nella totale mutazione dello stato di Firenze, che seguì quando i soldati di Borbone messono a sacco Roma, papa Clemente lo volse avere appresso di sé, avendolo fatto chiamare, sì che per l'assedio di Firenze, egli visse appresso di lui esule confidentissimo e con tanta soddisfazione del Pontefice, ch'egli gli provvedde di grossa pensione sopra l'arcivescovado di Firenze. E quando Alessandro de' Medici prese il governo della città, volle che Francesco si trovassi seco eletto del nuovo senato de' XXXXVIII, a ciò che egli avesse uno con il quale potessi participare confidentemente le cose più importanti del governo, com'egli fece; sì che in negozi di molta importanza egli potette sperimentare il valore di Francesco molto utile al suo reggimento.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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