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      Quindi, leggendo nell'Arte d'Orazio che la suppellettile più doviziosa della poesia ella si proccura con la lezion de' morali filosofi, seriosamente applicò alla morale degli antichi greci, dandovi principio da quella di Aristotile, di cui più soventi fiate su vari princìpi d'instituzioni civili ne aveva letto riferirsi le auttorità. E in sì fatto studio avvertì che la giurisprudenza romana era un'arte di equità insegnata con innumerabili minuti precetti di giusto naturale, indagati da' giureconsulti dentro le ragioni delle leggi e la volontà de' legislatori; ma la scienza del giusto che insegnano i morali filosofi, ella procede da poche verità eterne, dettate in metafisica da una giustizia ideale, che nel lavoro delle città tien luogo d'architetta e comanda alle due giustizie particolari, commutativa e distributiva, come a due fabre divine che misurino le utilità con due misure eterne, aritmetica e geometrica, sì come quelle che sono due proporzioni in mattematica dimostrate. Onde cominciò a conoscere quanto meno della metà si apprenda la disciplina legale con questo metodo di studi comunal che si osserva. Perciò si dovette esso di nuovo portare alla metafisica; ma, non soccorrendolo in ciò quella d'Aristotile, che aveva appresa nel Suarez, né sapendone veder la cagione, guidato dalla sola fama che Platone era il principe de' divini filosofi, si condusse a studiarla da essolui; e, molto dipoi che vi aveva profittato, intese la cagione perché la metafisica d'Aristotile non lo aveva soccorso per gli studi della morale, siccome di nulla soccorse ad Averroe, il cui Comento non fe' più umani e civili gli arabi di quello che erano stati innanzi.


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Vita di Giovambattista Vico scritta da se medesimo
di Giambattista Vico
pagine 92

   





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