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      E sì con l'algebra si affligge l'ingegno, perché non vede se non quel solo che li sta innanzi i piedi; sbalordisce la memoria, perché, ritruovato il secondo segno, non bada più al primo; abbacina la fantasia, perché non immagina affatto nulla; distrugge l'intendimento, perché professa d'indovinare: talché i giovani, che vi hanno speso molto tempo, nell'uso poi della vita civile, con lor sommo rammarico e pentimento, vi si ritruovano meno atti. Onde, perché recasse alcuna utilità e non facesse niuno di sì gran danni, l'algebra si dovrebbe apprendere per poco tempo nel fine del corso mattematico ed usarla come facevano i romani de' numeri, chenelle immense somme li descrivevano per punti; così, dove, per ritrovare le grandezze che si domandano, si avesse a durare una disperata fatica col nostro umano intendimento per la sintetica, allora corressimo all'oracolo dell'analitica. Perché, per quanto appartiene a ben ragionare con questa spezie di metodo, meglio è farne l'abito con l'analitica metafisica, e in ogni quistione si vada a prendere il vero nell'infinito dell'ente, indi per gli generi della sostanza gradatamente si vada rimovendo ciò che la cosa non è per tutte le spezie de' generi, finché si giunga all'ultima differenza, che costituisca l'essenza della cosa che si desidera di sapere.»
      Ora, ricevendoci al proposito - scoverto che egli ebbe tutto l'arcano del metodo geometrico contenersi in ciò: di prima diffinire le voci con le quali s'abbia a ragionare; dipoi stabilire alcune massime comuni, nelle quali colui con chi si ragiona vi convenga; finalmente, se bisogna, dimandare discretamente cosa che per natura si possa concedere, affin di poter uscire i ragionamenti, che senza una qualche posizione non verrebbero a capo; e con questi princìpi da verità più semplici dimostrate procedere fil filo alle più composte, e le composte non affermare se non prima si esaminino partitamente le parti che le compongono, - stimò soltanto utile aver conosciuto come procedano ne' loro ragionamenti i geometri, perché, se mai a lui bisognasse alcuna volta quella maniera di ragionare, il sapesse; come poi severamente l'usò nell'opera De universi iuris uno principio, la quale il signor Giovan Clerico ha giudicato «esser tessuta con uno stretto metodo mattematico», come a suo luogo si narrerà.


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Vita di Giovambattista Vico scritta da se medesimo
di Giambattista Vico
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Giovan Clerico