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      Egli dal chiarissimo abate Anton Maria Salvini, di cui era stato scolare, sapeva di lingue orientali, della greca e molto valeva nella latina, particolarmente ne' versi; nella toscana componeva con uno stile assai robusto alla maniera del Casa, e delle lingue viventi, oltre alla francese, ora fatta quasi comune, era inteso dell'inghilese, tedesca ed anche alquanto della turchesca; nella prosa era assai raziocinativo ed elegante. Portossi in Napoli con l'occasione, come pubblicamente per sua bontà il professava, d'aver letto Il Diritto universale, che 'l Vico aveva mandato al Salvini; onde conobbe ch'in Napoli si coltiva una profonda e severa letteratura, e 'l Vico fu il primo che volle esso conoscere, con cui contrasse una stretta corrispondenza, per la quale or esso l'ha onorato di quest'elogio.
      Circa questi tempi il signor conte Gianartico di Porcìa, fratello del signor cardinale Leandro di Porcìa, chiaro uomo e per letteratura e per nobiltà, avendo disegnato una via da indirizzarvi con più sicurezza la gioventù nel corso degli studi, sulla vita letteraria di uomini celebri in erudizione e dottrina; egli tra' napoletani che ne stimò degni, ch'erano al numero di otto (i quali non si nominano per non offender altri trallasciati dottissimi, i quali forse non erano venuti alla di lui cognizione), degnò d'annoverare il Vico, e con orrevolissima lettera scrittagli da Vinegia, tenendo la via di Roma per lo signor abate Giuseppe Luigi Esperti, mandò al signor Lorenzo Ciccarelli l'incombenza di proccurarlagli.


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Vita di Giovambattista Vico scritta da se medesimo
di Giambattista Vico
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