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      Nella qual oppenione il seguitò lo Spencero nella dissertazione De Urim et Thummim, ove oppina che gl'israeliti avessero apparato dagli egizi tutta la scienza delle divine cose per mezzo della sagra Cabbala. Finalmente al Marshamo acclamò l'Ornio nell'Antichità della barbaresca filosofia, ove, nel libro intitolato Chaldaicus, scrive che Mosè, addottrinato nella scienza delle divine cose dagli egizi, l'avesse portate nelle sue leggi agli ebrei. Surse allo 'ncontro Ermanno Witzio, nell'opera intitolata Ægyptiaca sive de ægyptiacorum sacrorum cum hebraicis collatione, e stima che 'l primo autor gentile, che n'abbia dato le prime certe notizie degli egizi, egli sia stato Dion Cassio, il quale fiorì sotto Marco Antonino filosofo. Di che può essere confutato con gli Annali di Tacito, ove narra che Germanico, passato nell'Oriente, quindi portossi in Egitto per vedere l'antichità famose di Tebe, e quivi da un di quei sacerdoti si fece spiegare i geroglifici iscritti in alcune moli, il quale, vaneggiando, gli riferì che que' caratteri conservavano le memorie della sterminata potenza ch'ebbe il loro re Ramse nell'Affrica, nell'Oriente e fino nell'Asia Minore, eguale alla potenza romana di quelli tempi, che fu grandissima: il qual luogo, perché gli era contrario, forse il Witzio si tacque.
      Ma, certamente, cotanto sterminata antichità non fruttò molto di sapienza riposta agli egizi mediterranei. Imperciocché ne' tempi di Clemente l'alessandrino, com'esso narra negli Stromati, andavano attorno i loro libri detti «sacerdotali» al numero di quarantadue, i quali in filosofia ed astronomia contenevano de' grandissimi errori, de' quali Cheremone, maestro di san Dionigi areopagita, sovente è messo in favola da Strabone; - le cose della medicina si truovano da Galeno ne' libri de medicina mercuriali essere manifeste ciance e mere imposture; - la morale era dissoluta, la quale, nonché tollerate o lecite, faceva oneste le meretrici; - la teologia era piena di superstizioni, prestigi e stregonerie.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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