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      Perché universalmente da tutte le nazioni gentili fu osservato il cielo con l'aspetto di Giove, per riceverne le leggi ne' di lui divini avvisi o comandi, che credevan esser gli auspìci; lo che dimostra tutte le nazioni esser nate sulla persuasione della provvedenza divina.
      E, 'ncominciandole a noverare, Giove a' caldei fu 'l cielo, in quanto era creduto dagli aspetti e moti delle stelle avvisar l'avvenire, e ne furon dette «astronomia» e «astrologia» le scienze quella delle leggi e questa del parlare degli astri, ma nel senso d'«astrologia giudiziaria», come «chaldæi» per «astrolaghi giudiziari» restarono detti nelle leggi romane.
      A' persiani egli fu Giove ben anco il cielo, in quanto si credeva significare le cose occulte agli uomini. Della qual scienza i sappienti se ne dissero «maghi», e restonne appellata «magia» così la permessa, ch'è la naturale delle forze occulte maravigliose della natura, come la vietata delle sopranaturali, nel qual senso restò «mago» detto per «istregone». E i maghi adoperavano la verga (che fu il lituo degli àuguri appo i romani) e descrivevano i cerchi degli astronomi; della qual verga e cerchi poi si sono serviti i maghi nelle loro stregonerie. Ed a' persiani il cielo fu il templo di Giove, con la qual religione Ciro rovinava i templi fabbricati per la Grecia.
      Agli egizi pur Giove fu 'l cielo, in quanto si credeva influire nelle cose sublunari ed avvisar l'avvenire; onde credevano fissare gl'influssi celesti nel fondere a certi tempi l'immagini, ed ancor oggi conservano una volgar arte d'indovinare.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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