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      Perché Giove, preso per lo dio degli auspìci, de' quali gli più solenni erano in fulmine e l'aquila (del qual Giove era moglie Giunone), egli è «padre degli dèi», cioè degli eroi, che si credevano figliuoli di Giove, siccome quelli ch'erano generati con gli auspìci di Giove da nozze solenni (delle quali è nume Giunone), e si presero il nome di «dèi», de' quali è madre la Terra, ovvero Opi moglie di questo Giove, come tutto si è detto sopra; e 'l medesimo fu detto «re degli uomini», cioè de' famoli nello stato delle famiglie e de' plebei in quello dell'eroiche città: i quali due divini titoli, per ignorazione di quest'istoria poetica, si sono tra lor confusi, quasi Giove fusse anco padre degli uomini; i quali fin dentro a' tempi della repubblica romana antica «non poterant nomine ciere patrem», come narra Livio, perché nascevano da' matrimoni naturali, non da nozze solenni; onde restò in giurisprudenza quella regola: «Nuptiæ demonstrant patrem».
      Siegue la favola ch'i sacerdoti di Cibele, o sieno d'Opi (perché i primi regni furono dappertutto di sacerdoti, come alquanto se n'è detto sopra e pienamente appresso si mostrerà), nascondono Giove (dal qual nascondimento i filologi latini, indovinando, dissero essere stato appellato «Latium», e la lingua latina ne conservò la storia in questa sua frase: «condere regna» - lo che altra volta si è detto, - perché i padri si chiusero in ordine contro i famoli ammutinati, dal qual segreto incominciarono a venir quelli ch'i politici dicono «arcana imperii»), e, col romore dell'armi non faccendo a Saturno udire i vagiti di Giove (testé nato all'union di quell'ordine), in cotal guisa il salvarono.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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