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      Qual avvenne, per tacer d'altri, a Manlio Capitolino, che aveva serbato il Campidoglio dall'incendio degl'immanissimi galli senoni; qual in Isparta (la città degli eroi di Grecia, come Roma lo fu degli eroi del mondo) il magnanimo re Agide, perché aveva attentato di sgravare la povera plebe di Lacedemone, oppressa dall'usure de' nobili, con una legge di conto nuovo, e di sollevarla con un'altra testamentaria, come altra volta si è detto, funne fatto strozzare dagli efori: onde, come il valoroso Agide fu il Manlio Capitolino di Sparta, così Manlio Capitolino fu l'Agide di Roma, che, per lo solo sospetto di sovvenir alquanto alla povera oppressa plebe romana, fu fatto precipitare giù dal monte Tarpeo. Talché per quest'istesso ch'i nobili de' primi popoli si tenevano per eroi, ovvero di superior natura a quella de' lor plebei, come appieno sopra si è dimostrato, facevano tanto malgoverno della povera moltitudine delle nazioni. Perché certamente la storia romana sbalordisce qualunque scortissimo leggitore, che la combini sopra questi rapporti: che romana virtù dove fu tanta superbia? che moderazione dove tanta avarizia? che mansuetudine dove tanta fierezza? che giustizia dove tanta inegualità?
      Laonde i princìpi, i quali possono soddisfare una sì gran maraviglia, debbono necessariamente esser questi:
     
      I
     
      Sia, in séguito di quella ferina che sopra si ragionò de' giganti, l'educazion de' fanciulli severa, aspra, crudele, quale fu quella degl'illiterati lacedemoni, che furono gli eroi della Grecia, i quali nel templo di Diana battevano i loro figliuoli fin all'anima, talché cadevano sovente morti, convulsi dal dolore, sotto le bacchette de' padri, acciocché s'avvezzassero a non temere dolori e morte; e ne restarono tal'imperi paterni ciclopici così a' greci come a' romani, co' quali permettevano uccidersi gl'innocenti bambini di fresco nati.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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