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      Tanto che, come sopra dicemmo, ove si ragionò de' giganti, la favola della guerra ch'essi fanno al cielo, e impongono gli altissimi monti, a Pelio Ossa, ad Ossa Olimpo, per salirvi e scacciarne gli dèi, dev'essere stata ritruovata dopo d'Omero; perché nell'Iliade certamente egli sempre narra gli dèi starsi sulla cima del monte Olimpo, onde bastava che crollasse l'Olimpo solo, per farne cadere gli dèi. Né tal favola, quantunque sia riferita nell'Odissea, ella ben vi conviene: perché in quel poema l'inferno non è più profondo d'un fosso, dove Ulisse vede e ragiona con gli eroi trappassati; laonde quanto corta idea aveva l'Omero dell'Odissea dell'inferno è necessario ch'a proporzione altrettanta ne avesse avuto del cielo, in conformità di quanta ne aveva avuto l'Omero autor dell'Iliade. E, 'n conseguenza, si è dimostro che tal favola non è d'Omero, come promettemmo sopra di dimostrare.
      In questo cielo dapprima regnarono in terra gli dèi e praticarono con gli eroi, secondo l'ordine della teogonia naturale che sopra si è ragionata, incominciando da Giove. In questo cielo rendette in terra ragione Astrea, coronata di spighe e fornita altresì di bilancia, perché il primo giusto umano fu ministrato dagli eroi agli uomini con la prima legge agraria ch'abbiamo sopra veduto: perocché gli uomini sentirono prima il peso, poi la misura, assai tardi il numero, nel quale finalmente si fermò la ragione; tanto che Pittagora, non intendendo cosa più astratta da' corpi, pose l'essenza dell'anima umana ne' numeri.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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