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      Usciti da questi bazar ci troviamo in una piazza dove è il caffè, logora tettoia di paglia sotto la quale si radunano le poche persone trattabili che qui abitano, e vi passano delle ore intiere sorbendo caffè alla turca e fumando sigarette o narghillè: da qui proseguendo, abbiamo qualche abitazione ancora in pietra ove stanno alcuni greci che nelle loro botteghe tengono di tutto, dalle sardine alle scarpe; il vice-consolato di Francia che occupa una delle più belle case, e una massa di capanne rettangolari ove abitano gli indigeni sempre poveri, ed una massa di donne abissinesi che superbe della loro bellezza vengono qui a sciuparla facendone vilissimo mercato.
     
      [vedi figura]
     
      Abbiamo così attraversata l'isola nella sua lunghezza; proseguiamo sulla diga, e appena messo piede in Tau-el-hud vedremo la palazzina del governatore generale, l'ufficio telegrafico, una moschea, il pozzo dove giunge l'acqua portatavi con canali dalla montagna, e attorno al quale formicolano centinaia di ragazzi e ragazze che empiono le loro otri o le loro pelli, se le caricano sulla testa, sul dorso o sui somarelli, e per pochi quattrini le trasportano in città: qualche baraccone in cui dormono i soldati, un forte degno dei suoi difensori, poi l'altra diga che ci porta a terra ferma nella direzione di Omcullo, dove passeremo facendo qualche altra escursione.
      A questa originalità dell'ambiente aggiungiamo la novità in tutto, persino nell'atmosfera, la varietà dei tipi, il carattere simpatico di questa gente primitiva, e respiriamo i profumi delicati che spesso escono dai negozii, in cui i proprietarii accovacciati a contare i chicchi del rosario aspettando gli avventori, cercano adescarli facendo evaporare del muschio o bruciando dell'incenso sulla soglia della loro porta.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





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