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      Vestono uno scemma tutto bianco e un turbante pure bianco, rare volte giallo. Portano sempre una croce in ferro colla quale si fanno il segno della croce. Conoscono la propria ignoranza e temono il confronto di qualunque altro sacerdote, per cui sono i più terribili nemici di qualunque influenza europea, immaginando che dietro l'ambasciatore o il commerciante, venga subito il ministro della fede. Nella celebrazione della messa stanno racchiusi nel camerino interno della chiesa, talchè non sono visibili agli occhi del pubblico: all'esterno però vi sono sempre altri preti e chierici che coll'originale turibolo tutto a campanelli, col loro speciale campanello, con canti e gridi fanno un baccano che somiglia più ad una ridda infernale che ad un sagrificio religioso.
      Nella società non vi sono grandi distinzioni di classi. Solo ai tempi di D'Abbadie e di Rüppel esisteva ancora una certa organizzazione, si usavano certe etichette nei ricevimenti, nei costumi trasparivano principii di eleganza, di effeminatezza: si parlava allora di tinture agli occhi, di profumi sulla testa, si adoperava un elegante ed originale bornus da signora in seta azzurra e gialla con ricami caratteristici a colori. Cose tutte che oggi sono quasi scomparse perchè le continue guerre hanno devastato il paese, e la miseria generale ha portato la trascuratezza del superfluo e la svogliatezza dell'attendervi.
      Oggi mi pare che l'abissinese può dividersi in tre categorie: quelle dei così detti grandi che hanno cariche civili, militari o religiose: quella dei benestanti, se così si possono dire, che corrispondono al nostro medio ceto, e che per eredità di famiglia, per speciali favori o per ricompensa ebbero dal re il dono di terre, e dal ricavo di queste vivono: l'ultima classe è la povera, anzi poverissima, quella degli agricoltori, se così si possono chiamare quelli che grattano un po' di terreno per spandervi del grano e senz'altro raccoglierne i frutti qualche mese dopo.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





D'Abbadie Rüppel