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      La classe povera è piuttosto buona e sarebbe ospitaliera se non la trattenesse dall'esserlo la gran miseria e la paura costante d'esser vittima degli abusi del paese. Quando viaggiano carovane per ordine o servizio del Governo o del re, che è poi la stessa cosa, oppure compagnie di soldati, hanno diritto d'essere mantenuti in ogni villaggio che si trova sulla loro via, e come hanno una certa impunità e nessuna riservatezza, non si accontentano di vivere, ma dove toccano portano la devastazione.
      Entrano nelle case, fanno sgombrare gli uomini, obbligano le donne a far pani, tecc, a dar loro miele, latte e tutto quel poco che si può avere, poi spesso abusano di questa ospitalità forzata e non rare volte si divertono ad insaccare o buttar via per malvagità o dispetto le provviste che a questi miserabili dovevano servire fino alla fin d'anno. Da questo deriva che la povera popolazione è diffidente, quando vede arrivare una carovana scappa, nasconde le provvigioni, rifiuta ogni cosa, e spesso dovemmo durar fatica a persuaderli che eravamo galantuomini e che volevamo pagare quanto cercavamo.
      In complesso non vedono di buon occhio l'Europeo, perchè non sanno concepire per qual ragione viaggi nei loro paesi e subito sospettano in lui mire religiose: ne sono poi diffidenti vedendo in ogni bianco un turco, e turco ci chiamano per sprezzo: non hanno per altro coraggio di farci del male, temendo il castigo del re, e ci rispettano quando ci sanno protetti dal loro sovrano. Sono generalmente onesti, e questo credo in parte si deve anche alla mancanza di tante formalità e quindi all'abitudine di tener sacra una parola data o giurata su una vaga formola qualunque.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





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