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      Si tratta di decidersi freddamente a passare due o tre mesi di inazione sotto una capanna, atrofizzando persino il cervello, chè, non essendovi preparati, non abbiamo neppur libri da leggere con noi, o partire, disposti a vivere nell'umido tutto quanto il viaggio, e confidare nella buona stella sia per la salute, sia per la possibilità di guadare i torrenti che scendono impetuosi. Se fossimo stati guidati da un po' più di esperienza nel fare i preparativi di questo viaggio, la cosa non si sarebbe presentata tanto disastrosa, ma equipaggiati come eravamo noi, che mancavamo persino dello stretto necessario, pareva quasi temerità l'intraprendere in questa stagione il viaggio del ritorno. Ma tanto si volle tentare, e si decide di prendere la via di Galabat, Kassala, Suakin. Il re ci prega però di tornare da Massaua, dicendo essere l'altra via pericolosissima in questa epoca per le febbri, ed assicurando che almeno un paio di noi vi avrebbe lasciata la vita.
      Dovendo noi andarcene all'estremità nord del lago Tzana a visitare uno zio del re, malato, e desiderando nel ritorno percorrere la via del Semien, per vedere paesi nuovi, facciamo partire subito la carovana del bagaglio che percorrerà la strada fatta nel venire, più lunga ma comoda per le mule, e noi decidiamo che partiremo con pochi servi e nessun carico per esser lesti a superare certi passi rocciosi che ci dipingono orrendi.
      L'incontro delle due carovane è deciso sarà in Adua.
      Fissato il giorno della partenza andiamo a congedarci dal re che ci saluta colla solita freddezza, nella quale bisogna leggere la cordialità, sapendo essere effetto del carattere.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





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