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      Ras Area si mostrò allora mortificato, avvilito, disse che se volevamo avevamo diritto a bastonarlo, e fingendone l'atto, dichiarò che a lui non restava che presentarsi colla pietra al collo per implorare il nostro perdono.
      Quando arrivammo egli era completamente ubbriaco ed i suoi fidi in parte. La nostra guida, un povero cretino, presenta la lettera del re in cui dice: ti invio nove prigionieri, metti loro le catene e mandali alla montagna; e non aggiunge altro a nostro riguardo.
      Questo qui-pro-quo, i fumi dell'ubbriacatura che confondevano la mente e offuscavano la vista, il desiderio degli altri ajutanti e seguaci di mettere in catene dei bianchi, ciò che pareva loro gran merito, tutto questo insomma fu la causa dello sbaglio e del fatto avvenutoci. Passata un po' l'ubbriacatura, avuti maggiori ragguagli dalla guida, ricordatosi che lui stesso aveva domandato questi bianchi che stavano al campo del re, tornò a miglior consiglio.
      Per buona fortuna nella lettera del re non era detto di fucilare i prigionieri, chè altrimenti, nè la mente rinfrescata, nè gli schiarimenti della guida avrebbero valso a rimediare alla pena che ci sarebbe stata inflitta.
      Fummo subito regalati di una vacca, un montone, pane, tecc, miele, burro, ecc., e l'emozione in generale non aveva poi avuto grandissima influenza sull'appetito.
      Vorremmo partire la mattina dopo, ma il ras ci prega restare, dicendo ci vuole almeno una giornata suoi ospiti per mostrargli che non conserviamo rancori per l'avventura di ieri; ma in fondo il vero motivo è che teme che noi ritorniamo direttamente dal re a fare le nostre lagnanze, ed egli vuole prima spedire un corriere con una sua lettera in cui dà ragione dell'equivoco e implora la sovrana grazia.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





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