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      Cosa dunque mi restava di fare dietro a tante opere sovra arringate, alla veduta del prossimo morir, che attendo a causa degli anni troppo senili che mi condannono? Ella è appunto l'orazione funebre o sia notula di documenti richiestimi dal mio amico Angelini, che in questi fogli io fò parlare, facendola finale ed ultima delle vanità e capricci fantastici, ma virtuosi, che mi ho passato finora, caduco essendo in questa caduca lagrimosa valle.
     
      Sic est, decipimur, quodcumque videmus inane est.
      Est speciem somnii praetereuntis habet.
     
      Per la quale cosa, per altro, ho l'ardir di dire d'essere ella la più propria orazione, se bene non lucida, d'oratorij ornati che poter fiansi in questo genere a defonti, perchè prodotta dalla mano istessa e dalla vivezza maggiore de' sentimenti animata, che può influirvi la mente dell'autore istesso, che in essa dovrà un giorno estinto far di sè la triste scena.
      L'aliena penna certamente non puotrà mai pingere miglior di colui ch'è il pittor di se stesso e dar nel segno in cui coglier debbono gli argomenti lugubri di simili nobili dimostrazioni. Ma, dicasi quel che si vogli su tal far bizzarro, mai e giammai con esso ho inteso infliggere offesa al prossimo, la minima che già si fosse; ma se ha luogo la censura degli invidi Aristarchi e la emenda qualunque siasi dovuta su tale articolo, il male l'ho fatto a me stesso, mentre verrò a rubricarmi reo di ambiziosa vanità e di mancanza pure di non usata modestia, indifferenza e rossore nell'encomiar il mio medesimo individuo.


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Autoapologia
La mia vita le mie virtù le mie opere
di Francesco Maria Emanuele e Gaetani (marchese di Villabianca)
pagine 144

   





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