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      XLIII
     
     
      Come il marchese Spinetta ebbe Serezzano.
     
      Conseguendo messer Mastino de la Scala il suo proponimento d'avere la segnoria di Pisa a suo podere, sì ordinò con Ispinetta marchese Malespina e col vescovo di Luni suo cosorto di fare rubellare a' Pisani la terra di Serezzano; e così fu fatto, che a dì IIII di dicembre del detto anno i detti vescovo e Spinetta, essendo per certi terrazzani di loro parte data una porta de la terra, v'entrarono con M fanti, e presero la segnoria sanza nullo contasto, onde i Pisani si tennero forte gravati da messer Mastino e da Spinetta, e entrato in grande sospetto e paura di loro usciti e di loro séguito, faccendo di dì e di notte guardare la città di Pisa con gente d'arme a cavallo e a piede.
     
      XLIV
     
     
      Del tradimento che messer Mastino de la Scala fece a' Fiorentini de la città di Lucca.
     
      Nel detto anno, per calen di dicembre, parendo a' Fiorentini che messer Mastino e Alberto de la Scala li menassono per lunga di dare loro la signoria de la città di Lucca, com'era l'ordine e 'l patto de la lega, come adietro è fatta menzione; e tenendo in parole e in vana speranza certi ambasciadori e sindachi del Comune di Firenze, ch'al continuo li seguivano per la detta cagione, sì ordinaro di mandare a Verona, oltre a quelli, una solenne e grande ambasceria da sei de' maggiori cittadini grandi e popolani di Firenze per sapere il fine di loro intendimento. I quali essendo a Verona co' detti tiranni, e nel paese a più parlamenti co·lloro e con li altri caporali lombardi, con cui i Fiorentini aveano fatta la lega, dimandando la posessione di Lucca e che fossero attenuti i patti, i detti de la Scala con belle parole e false promesse menando per lunga di giornata in giornata i detti nostri ambasciadori, alla fine faccendo trattare ad Orlando Rosso di Parma, dimandando di Lucca grossa quantità di moneta, dicendo n'aveano speso, e convenia spendere al re Giovanni di Buemme per avere sua pace de la presa di Lucca.


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Nuova cronica
Tomo Terzo
di Giovanni Villani
pagine 442

   





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