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      Messere Piero essendo nel detto borgo infino a ora di nona, e non giugnendo la sua gente, dubitò della stanza; e bisognava che meser Alberto e sua gente avessono saputo il vero: meser Piero e sua compagnia erano tutti morti e presi, però che in Padova avea più di IIm cavalieri e popolo grandissimo. Il valente messer Piero veggendosi a tal partito, come savio e aveduto capitano, con tutta sua gente armata fece sembianti d'assalire la porta della città e quella combattere, e faccendo vista d'avere presso il suo soccorso della sua gente che gli era fallita. Messere Alberto temendo della città fece di quella chiudere le porti e·llevare i ponti. Messere Piero e sua gente si ritrasse e uscì del borgo, faccendo al fine di quello mettere, fuoco, acciò che' nimici per quello nol potessono seguire, e con tutta sua gente si tornò la sera sano e salvo al campo di Bovolento. E nota che meser Piero andava sì spesso a Padova, però che al continuo era in trattato, con meser Marsilio da Carrara suo zio e co' suoi consorti, i quali, come dicemmo adietro più tempo passato, per gara di loro vicini e cittadini aveano data la signoria di Padova a meser Cane della Scala; e Messere Alberto e Mastino gli trattavano male, e maggiormente per lo 'nganno e tradimento fatti a' detti Rossi di Parma loro nipoti sotto loro confidanza, quando feceno rendere Parma, come adietro facemmo menzione. E poi a dì XX di febraio essendo partiti del campo da Bovolento da DL cavalieri, e cavalcato in sul padovano e·llevata grande preda, que' di Padova in quantità di DCCC cavalieri si pararono loro dinanzi ad un passo e combatterli e' nostri furon sconfitti, e rimasonvi tra morti e presi intorno di cento e più di mezza la preda.


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Nuova cronica
Tomo Terzo
di Giovanni Villani
pagine 442

   





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