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      E oltre a questo, non bastando loro la signoria del podestà, e quella del capitano del popolo, e quella dell'asecutore degli ordini della giustizia contro a' grandi, ch'erano ancora di soperchio a buono reggimento comune, si criarono l'uficio del capitano della guardia; e a·cciò elessono e feciono ritornare in Firenze messer Iacopo Gabrielli d'Agobbio, uomo sùbito e crudele e carnefice, con C uomini a cavallo e CC a piè al soldo del Comune, ed elli con grosso salaro, acciò che facesse a senno de' detti reggenti. Il quale a guisa di tiranno, o come esecutore di tiranni, procedea di fatto in civile e cherminale a sua volontà, come gli era posto in mano per li detti reggenti, sanza seguire leggi o statuti, onde molti innocenti condannò a·ttorto inn-avere e in persona, e tenea i cittadini grandi e piccoli in grande tremore, salvo i suoi reggenti, che col suo bastone faceano le loro vendette e talora l'offese e·lle baratterie; non ricordandoci noi Fiorentini ciechi, overo infignendoci di ricordare quello di male ch'avea operato il detto meser Iacopo al simile uficio l'anno MCCCXXXV, e poi mesere Accorrimbono: onde per loro difetto era fatto divieto X anni, e no·llo oservaro. Di questo inniquo uficio e reggimento erano mal contenti i più di cittadini, e massimamente i grandi e possenti; e però certi grandi cercaro cospirazione in città per abattere il detto mesere Iacopo, e suo uficio e suoi seguaci reggenti. E più tosto li fece muovere, che in que' tempi fu condannato per lo detto mesere Iacopo mesere Piero de' Bardi in libre VIm, perch'avea offeso un suo fedele da Vernia, non istrettuale di Firenze, onde gli parve ricevere torto.


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Nuova cronica
Tomo Terzo
di Giovanni Villani
pagine 442

   





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