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      Le dottrine politiche del medio evo erano un ritratto fedele delle condizioni, in cui si trovava la società di quel tempo. La teocrazia dominava sullo Stato, la teologia sulla filosofia, l'autorità sulla ragione, e la Provvidenza guidava gli eventi della storia, senza che l'uomo vi potesse quasi contribuire in modo alcuno. - Gl'imperi cadono e gl'imperi sorgono, perchè Iddio allontana o avvicina la sua mano: - questa era tutta la filosofia della storia, nel medio evo. La civile comunanza era il funesto effetto della colpa, per cui l'uomo cadde dalla sua prima innocenza; bisognava dunque affrettarsi ad uscirne, per entrare nella vita spirituale della Città di Dio. S'era però assai presto sentita la necessità d'abbandonare questi sofismi, e noi vediamo infatti due tentativi. La scolastica riconosce già con S. Tommaso una legge naturale; razionale, diversa dalla legge divina; con essa si direbbe quasi, che la società poteva acquistare un fondamento proprio e indipendente. Ma in questa legge naturale il principio del diritto e della morale sono per modo identificati, che la Chiesa ripiglia sullo Stato e sul diritto la stessa autorità, che aveva sulla morale, la quale ha tutto il suo fondamento in quel foro interno della coscienza, dove la religione domina senza limiti. Il secondo e più audace tentativo vien fatto dagli scrittori ghibellini. Essi formolano la dottrina d'un'autorità imperiale, derivata direttamente da Dio, che la concesse prima al popolo romano, e la tramandò poi in eredità all'Imperatore germanico.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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