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      In questa dottrina, la storia romana e la società pagana riacquistano tutta la loro importanza. L'uomo ha potuto pur fare nel mondo qualche cosa di grande, al di fuori della teocrazia, e un'autorità civile si pone in termini d'uguaglianza in presenza del papa e della Chiesa. Se non che, in questa dottrina, che fu chiamata delle due spade, la temporale e la spirituale, gli scrittori ghibellini, opponendo il dominio universale dell'imperatore a quello della Chiesa, che volevano limitare, dimenticavano la società stessa, e non sapevano dare un fondamento razionale allo Stato. L'autorità dell'Impero veniva da Roma, veniva da Dio; si ricorreva alla storia, si ricorreva a pigliare esempi dalla fisica, dall'astronomia, e non si pensò mai a vedere, se la società poteva in sè stessa trovare un fondamento naturale e razionale, che ledesse una personalità indipendente dalla Chiesa e dall'Impero. Ciò era forse naturale, perchè questa assoluta indipendenza della società civile non accomodava nè agli scrittori Guelfi nè ai Ghibellini, che volevano ambedue, in diverso modo, tenerla infeudata. Noi li vediamo discutere e accapigliarsi intorno al paragone, che facevano allora della Chiesa e dell'Impero al sole e alla luna, a Giuda e Levi, a Saulle e Samuele, e simili.
      La Monarchia di Dante ci presenta il ritratto fedele di tutta questa lotta. L'autore si perde nelle più sottili dispute della scuola, esaminando a parte a parte gli argomenti; ed esso combatte di continuo i sofismi politici con altri sofismi.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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