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      Non solamente tutte le leggende sopra accennate sono di origine affatto straniera; ma per la massima parte deteriorano grandemente, non appena vengono nelle mani dei traduttori e raffazzonatori italiani, i quali volgono in una prosa snervata, scolorita e scorretta una poesia, che era rozza ed insulsa, ma pure non senza una certa selvaggia originalità. Ed è singolare soprattutto l'osservare come, percorrendo l'Italia, si trovi qualche leggenda di origine italiana solamente nel mezzogiorno, là dove Longobardi e Normanni riuscirono, distruggendo il regime municipale, a fondare una società feudale e monarchica simile a quelle che predominavano nel resto d'Europa, dando così anche alla cultura del popolo un qualche somigliante indirizzo.
      Tra queste la Visione di Frate Alberico, monaco di Montecassino, è la più nota, quella che fu occasione delle varie dispute sulla originalità della Divina Commedia. Alberico era nato nel principio del secolo XII, ed il codice originale cassinese, che contiene la sua narrazione è scritto fra gli anni 1159 e 1181. Egli ci narra come trovandosi, alla età di nove anni, nel castello de' suoi avi chiamato dei Sette Frati, in Terra di Lavoro, cadde in uno sfinimento tale, che lo fece poi uscire de' sensi. Ebbe allora la visione. Una colomba, accostatasi a lui, lo sollevò di terra, pigliandolo pei capelli. E subito dopo, in compagnia di S. Pietro, che gli fu guida, e di due angeli, cominciò il misterioso viaggio per l'inferno. Ivi troviamo le lacrime di sangue, i fiumi di pece ardente, i laghi di fuoco, le valli di gelo, i ponti da cui precipitano le anime de peccatori, i cappucci di piombo, che ne incurvano le teste, e il gran Verme che ispira ed aspira le anime dei dannati, ridotte in faville.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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