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      Nè Fausto, nè S. Gennaro potrebbero stare accanto all'antico, benefico genio di Napoli32.
      XVI.
      Ed ora se il lettore ha avuto la pazienza d'accompagnarci nell'arida e monotona esposizione di racconti puerili e senza immaginazione, potrà facilmente comprendere, che poco valore avessero tutte le discussioni intorno alla Originalità del poema. Il concetto d'un viaggio nell'altro mondo non era nè di frate Alberico, nè di Dante; si trovava in tutto il medio evo, apparteneva al Cristianesimo. I nostri pittori si sono, gli uni dopo gli altri, ispirati da esso a lasciarci alcuni dei più grandi capi lavori dell'arte italiana, senza che per ciò alcuno abbia mai preteso discutere intorno alla originalità loro. Gli affreschi dell'Orgagna e del Signorelli non tolsero nulla al Giudizio universale del Buonarroti, nella Cappella Sistina; egli potè ancora ispirarsi al sacro poema, e niuno ha mai osato fargliene carico. Si dovrà dunque discutere sul serio, se le visioni di S. Brandano o di frate Alberico diminuiscano l'originalità della Divina Commedia? Ma allora perchè non toglie merito al poeta l'aver cantato i fatti della storia, l'avere imitato la natura? Noi lo abbiamo già detto: i grandi genii sono grandi conquistatori; essi divengon padroni del mondo che li circonda; possono pigliare dalla natura, dalla storia, dal presente e dal passato, purchè ci spingano nell'avvenire. Per misurare l'altezza del loro intelletto bisogna occuparsi meno di ciò che presero dal secolo, ed assai più di ciò che vi portarono di nuovo.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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