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      E più crescono le difficoltà, quando vogliamo spiegare quei passi, ricorrendo solo al genio di Dante ed all'arte sua. Noi pretendiamo allora di dare un senso chiaro e preciso alle allegorie del medio evo, mentre spesso un'incertezza vaga, confusa, indeterminata ed indeterminabile, era il loro carattere, come ce lo provano la stessa Vita Nuova ed il Convito. Noi diamo maggiore importanza a quei brani del poema, che meno appartengono al genio dei poeta. Domandare a lui o a' suoi contemporanei una spiegazione chiara, filosofica, quale richiederebbero le condizioni, in cui è oggi la nostra intelligenza, di quelle produzioni oscure ed inconsapevoli della mente umana, sarebbe come interrogare Omero sulla filosofia nascosta dentro quelle favole della greca mitologia, che egli cantava ne' suoi poemi immortali. Quella filosofia, è vero, oggi ci è finalmente nota, mercè le ricerche infaticabili di tanti eruditi; ma noi abbiamo cominciato a studiare la Grecia da molti secoli; abbiamo perlustrato ogni angolo delle sue città, osservato ogni frammento delle sue rovine, ogni avanzo della sua letteratura. Questo ci ha finalmente reso familiare, fin dall'infanzia, la religione, la superstizione, la vita dei Greci; e s'è potuto da taluno affermare, che noi conosciamo la Grecia antica, meglio che non la conoscevano gli stessi Greci. I suoi eroi, le sue divinità si collegano colle prime reminiscenze della nostra infanzia; e noi leggiamo l'Iliade e l'Odissea, come se fossero poemi che ricordassero i nostri fatti nazionali.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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