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      Ma egli è commosso sì che cade privo dei sensi, quando Francesca gli racconta la pietosa istoria de' colpevoli amori, mentre che Paolo piange dirottamente. Egli vorrebbe saper consolare que' due amanti, che rese immortali; egli non sa nascondere la sua compiacenza, quando s'avvede che la bufera infernale non riuscirà a separarli. E quando si trova fra le scoperchiate tombe degli eretici, arriva al suo orecchio la voce d'un Toscano, che di mezzo ai tormenti gli chiede nuove della sua patria. E Virgilio, quasi impaziente, che Dante non abbia già riconosciuto colui, che solo difese Fiorenza a viso aperto, lo spinge fra le sepolture a lui:
      Vedi là Farinata che s'è dritto,
      Dalla cintola in su tutto il vedrai.
      Esso, infatti, erge fieramente la sdegnosa fronte,
      Come avesse lo inferno in gran dispitto.
     
      E quasi le fiamme, che lo bruciano, non arrivino insino a lui, egli non fa un lamento solo de' suoi tormenti; non ode il padre di Cavalcanti che, piangendo, chiede del proprio figlio nuove a Dante; ma ragionando dei partiti che lacerarono la repubblica fiorentina, si trasfonde siffattamente in quel discorso, che quando è costretto a confessare la disfatta de' suoi amici, egli quasi battendo il pugno sulla tomba scoperchiata; osa dire:
      Ciò mi tormenta più che questo letto.
      La ferrea virtù del Ghibellino non è domata dalle pene infernali. Virgilio è tutto intento, quasi anch'egli fosse stato a parte di quelle lotte repubblicane. Il lettore dimentico d'avere innanzi a sè un libro, è trasportato nell'altro mondo, rapito da quella forza del genio, che distrugge il tempo e lo spazio, che è l'essenza della poesìa, ed innanzi alla quale la critica resta impotente a ragionare.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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