Pagina (124/287)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E subitamente l'anima se li partì dal corpo, e 'l corpo subitamente cadete68 in terra; funno levate le tavole a gran pianti, e grande tristezza fu in quella città. Corseno li medici, maravigliandosi le gente; cercorono li polsi, e non trovaro in lui segno de vita, se non uno poco de caldo sotto la tetta69 manca, e per questo caldo non volsero ch'el fusse sotterrato; e feceno apparecchiamento grande de cera e de vestimente.
      Quando l'anima di costui fu fuora del suo corpo, e lei sì se ritrovava in uno grande prato, disse70: Stando mi in questo, e cognoscendo ben ch'io era abandonata dal corpo mio, e remordendomi la conscienzia de le offese fatte a Dio, volea tornare in lo mio corpo e non poteva ritornare; voleva andare fuora e non sapea, imperò che in ogni luoco temeva d'andare. In questo modo la misera anima stava. Io non sapea che mi dovesse fare, cognoscendo ch'io aveva meritato la morte eternale, per le grande offese fatte a Dio. E in questo modo la mia misera anima se revolgea, e non trovava remedio alcuno nè fidanza, se non la misericordia de Dio. E stando così una grande ora, piangendo e gemendo, e non sapendo che mi dovesse fare; subitamente io vidi venire una moltitudine de spiriti maligni: intanto che non solamente la casa dove era lo mio corpo, ma eziandio impitte tutte le vie e la piazza de la cittade, e non era luoco che de loro non fusse pieno. E poi ch'ebbeno circumdato la trista anima, sì cominciaro molto a turbarla e disconsolarla, e dicevano così: Cantiamo71 a questa misera anima uno canto debile da morte, imperò che ella è figliola de la morte, e cibo de fuoco, che mai non se poterà extinguere, et è amica de le tenebre, et inimica de la luce.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





Stando Dio Dio Dio Cantiamo