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      E così stando ambidoi suso questo ponte, e ritornando a noi medesimi, e piangendo li peccati nostri, por li quali noi avevamo meritati queste pene, e trovatosi in tanto periculo, e insanguinando el ponte de' nostri piedi ch'erano tutti foradi; stando noi così, una grande ora adolorati, e non sapendosi consigliare nè andare, ricorsemo a la misericordia de Dio, che non ne dovesse in così fatto periculo abandonare, cognoscendosi avere meritato quelle pene per li nostri peccati. Allora subitamente, non sapendo per che modo nè per che ordine, ciascuno de noi se trovassemo avere passato el ponte, là dove noi dovevamo arrivare. Et io trovai in capo del ponte l'angelo mio, el105 quale mi disse: Ben se' tu venuto; de la vacca non ti curar ormai, lassala andare. Et io mostrai a l'angelo li piedi tutti sanguinati e guasti, e dissi: Io non poterò io mai più andare. E l'angelo me rispose e disse: Ricordati come li tuoi piedi erano veloci e correnti a spargere el sangue d'altrui; imperciò degnamente l'hai portata la correzione e penitenzia; seriano senza la misericordia de Dio, se lui non te avesse sovegnudo. E ditte queste parole, l'angelo mi toccò, e incontinente io fui guarito e cominciai a seguitarlo. Et io li dissi: Dove andemo noi? Rispuose l'angelo: El tormentatore ne aspetta molto terribile, che noi andiamo da lui, che ha nome Pestrino; et avenga che l'albergo sempre sia pieno, sempre desidera più ospiti per tormentarli.
      CAPITULO VI.
      Come andando l'angelo et io, per una via longa e stretta,


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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