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      unde noi trovamo uno albergo che se chiama Pestrino.
      Andando noi106 per una via molto stretta, longa, obscura e tenebrosa, vedemo una casa aperta tutta rotunda e grandissima, a modo d'uno monte, de la quale usciva una grande fiamma ardente, la quale ardeva ciascuno che se li approssimava107 a mille passa. Ma io che avea in parte provato simiglianti tormenti, non attentava approssimarmi a lei; unde io dissi a l'angelo: Oimè! che farò io misera? Ecco che noi s'aprossimàmo a la porta de la morte. Chi me liberarà da questa fiamma de fuoco? Mi conviene108 in quella casa intrare dove è quella fiamma; et appressandomesi intorno, a modo de una moltitudine de iustizieri con diverse mainere109 de ferro da amazzare, da scorticare, da fendere e da trarre l'interiora, e da mozzare le membre; et in mezzo de la fiamma, sotto li110 mani de costoro, era grandi tormenti, et la moltitudine de l'anime, le quali sostenivano tutte queste generazione de' tormenti. Et vedendomi che questa era maggior pena, che tutte l'altre ch'aveva veduto, dissi a l'angelo: Io ti prego, Signor mio, s'el ti piace, che tu me debi deliberare da questi tormenti e da tutti l'altri che seguitano drieto a questo. Rispose l'angelo e disse: Questo tormento è maggiore che tutti li altri, ch'avemo veduti; ma ancora te ne mostrarò de' maggiori, e da questo non porai scampare; imperciò che in questo supplicio intrare te conviene, ch'elli t'aspetta come cani rabiati che tu vadi a loro. Et io cominciai tutta a tremare, per l'ambastio de la imaginazione de la pena, e veniva tutta meno, e pregava l'angelo quanto io poteva umilmente, con grande fervore, ch'el me scampasse da le mane de costoro: e questo niente me gioava lo pregare, e davanti me disparve l'angelo.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





Pestrino Oimè