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      E me toccò e me guarì e confortomi come era usato, e disse: Qui compisse lo viaggio, che noi avemo a fare.
      CAPITULO IX.
      Come, ragionando l'angelo et io, mi condusse a vedere l'infernoe li soi gravi tormenti, e lassome in grande paura.
     
      Andando noi rasonando insembre151, eccote subitamente venire uno orrore et uno freddo smesurado, con una puzza grandissima, che non avevamo ancora sentuto la maggiore: erano ancora maggiore tenebre et oscuritate, ch'io avessi mai veduto nè provato. Allora mi venne sì grande ambastio, e sì grande tremore e tribulazione, che 'l mi pareva che tutta la terra si scorlasse fortemente; et io fu constretta dire a l'angelo: Oimè! Signore mio, chiegoti che m'aiuti152, ch'io non mi posso sostenire in piedi come soleva. Et aspettando la risposta da l'angelo, io stava ferma, e non me potea movere per la grande paura ch'io avea: et in quello, l'angelo disparve da li occhi mei. Vedendomi153 me misera, ch'io era a le più de sotto pene de le altre, ch'io avesse ancora veduto, e ch'io era privata del mio lume e del mio solazzo; io non potea fare altro, se non quasi desperarme de la misericordia de Dio, unde disse Salomone: Sapientia e scientia non è ne l' inferno, dove io me approssimava. E non me sapea consigliare, perchè 'l m'era venuto meno el mio aiuto. Stando così una grande pezza in tanti periculi, udiva grande crida e guai et urli grandissimi, et udi' uno trono terribile, che la nostra capacità nol poteria contare, e secondo che disseno: In la lingua sua, non lo poterai mai narrare.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





Oimè Dio Salomone Sapientia