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      un vento sì ardente che forava e corpi degli uomini253.
      Ora usciendo le demonia di quella magione, facciendo grandissime e dolorose istrida, trassonne fuori con grande empito lo detto cavaliere, andando come cani arrabbiati, chi in qua e chi in là. Ma alquanti di loro con grande furore sì lo tiravono co' loro, in una grande regione, menandolo per una lunghissima via. E la terra, sopra la quale andavano, era tutta nera, e tutto quello paese era pieno di tenebre e di oscuritade; sicchè non poteva vedere, nè discernere nulla cosa in tutto quello paese; e qui soffiava uno vento ardente e sì sottile, che non si sentiva, ma la sua sottigliezza e caldezza passava e forava i corpi. E poi lo tirarono in quella parte, dove il sole si leva, cioè il levante254; e seguitando oltre l'andare, pervennero quasi nella fine del mondo . E quando qui furono pervenuti, volsonsi da l'uno lato, e cominciarono ad andare per una valle larghissima verso le parti de l'austro; e qui cominciò a udire grandissime e dolorose istrida, con pianti e miseri dolori; e quanto più s'appressava, tanto più chiaramente e distintamente gli udiva e intendeva255.
      Del primo campo pieno d'uomini confitti, le mani e i piedi, con aguti in terra256.
      Ma alla fine di questo lunghissimo e larghissimo traimento, che li feciono le demonia, sì lo condussono in uno campo pieno di miserie, il quale era sì lungo e largo, che da una parte257 si poteva vedere la fine. E questo cotale campo, era pieno d'uomini e di femmine, piccoli e grandi, vecchi e giovani, e brievemente d'ogni maniera di gente e d'etade; li quali giagievano tutti in terra, ingniudi, sanza vestimento alcuno, ed erano tutti distesi boccone per quello campo, avendo confitti i piedi e le mani in terra con aguti tutti ardenti di fuoco.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287