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      Udito ch'ebbe il cavaliere queste parole, tutto si cominciò a turbare e contristare, e con grande pianto umilemente pregava que' beati arcivescovi, che dovesse loro piacere di non costringniello di partillo354 di tanta letizia, e ritornallo alle dolorose fatiche di questa presente vita. Alle quali parole e preghi, rispuosono que' beati pontefici e dissono così: O fratello, sappi che quello che tu adomandi, non può essere per niuno modo; ma di necessità conviene che sia quello che Dio onnipotente ha disposto e ordinato che si faccia, il quale sae e conoscie perfettamente ciò che bisogna a ciascheduno. La quale cosa egli udendo, cominciò amaramente a piagniere e a fare dolorosi sospiri, veggendo che non poteva avere la grazia di rimanere in quel luogo beato. E così mirabilmente piagnendo, non volendosi partire di tanta letizia e allegrezza che quivi gustava e aveva, fu costretto di partissi di quella patria beata. E ricievuta ch'ebbe la benedizione da que' santi uomini, e' cominciò a uscire fuori per quella porta nobilissima, per la quale prima entrato era, la quale incontanente dietro gli fu serrata. Ed egli, essendo molto maninconoso e tristo nell'animo suo, sì si ritornò in questo mondo.
      Ma nondimeno era tanta la fortezza che in sè sentiva, che sanza alcuna paura o tremore, arditamente reddiva per quella dubbiosa via, per la quale prima era venuto. Il quale veggiendo le demonia che così sicuramente passava, isforzavansi, come prima, di spaventarlo co' loro assalimenti, discorrendogli d'intorno, chi di là e chi di qua.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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