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      Entrativi i cittadini, presso all'ingresso vi catturarono il servo di Galimberti. Minacciato costui nella vita se non rivelava l'ascondiglio del padrone, egli promise indicarlo purchè si salvasse a lui l'esistenza: data la promessa, lo si scortò in una stanza superiore ov'erasi accovacciato Galimberti, e lo si rinvenne infatti. Intimatogli d'arrendersi e di costituirsi prigioniero, mordendosi le labbra cedette(32).
      D'un tratto una voce sonora gridò in quel frastuono di voci di gioja: E i prigionieri?... Fuori i prigionieri! Libertà ai prigionieri! Vi si trovarono prigionieri uomini, che, levati dalla prigione, sporgevano la mano supplichevole cercando pane, dichiarando che da quarant'ore non se n'era lor dato; che da 40 ore non prendevano cibo. A loro si provvide d'alimenti; ma il popolo gridava: Ma i prigionieri politici dove sono? Dopo un quarto d'ora si ignorava ove fossero. Allora l'oste della contrada dei Due Muri, incaricato dalla Polizia di provvedere gli alimenti pei detenuti, conoscendo per conseguenza ove si trovassero i prigionieri politici, gridò che si trovavano ai N. 18, 30, 36 e 37; ove in vero si rinvennero e si liberarono.
      Nella Direzione di polizia si trovarono circa 25 armi da fuoco e un centinajo da taglio, che vennero tosto distribuite al popolo combattente: armi del certo insufficienti alle straordinarie esigenze del momento.
      Frattanto Radetzky che aveva ricevuta la protesta consolare del giorno precedente, onde prevenire complicazioni diplomatiche, rispose colla seguente lettera:


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Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848
Antonio Vismara
di Editore Pagnoni Milano
1873
pagine 141

   





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