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      Ma io non voglio curarmi tanto di questi apparati portatili, nè dell’eleganza, quanto della grandiosità degli effetti, di cui fan pompa i grandi: sicchè mi tratterrò a parlare dell’apparato mio massimo.
      Ho dunque tralle mani il grande Elettroforo del diametro di quasi due piedi che ho fatto terminare tosto che ripatriai. L’attività di questo è veramente sorprendente. Basta dire che ottengo non di rado scintille a dieci, dodici, e più diti trasversi: scintille che appajono in vaghissima forma guizzanti emulatrici appunto del telo di Giove. Per averle tali elettrizzo il mastice per eccesso, e presento allo scudo alzato la punta del dito, ovver facendomi ribrezzo, l’anello d’una chiave, da cui ora balza la scintilla lunga come dissi, e guizzante, or una serie di scintillette crepitanti succedonsi, or ne spiccia con leggier sibilo un lunghissimo fiocco. Una canna spaccata della lunghezza di due braccia vestita nella parte convessa di carta dorata raschiata con pelle di pesce rappresenta ancor meglio, e nella maggior estensione il balenar vivissimo della folgore su tra le nubi, mentre è percossa tutta, o per gran tratto almeno, ad ogni scintilla che riceva dallo scudo, da una, o più striscie di luce verde-lucenti. Finalmente una caraffa di mediocre capacità in quattro, o sei volte che io faccia giuocar lo scudo, riceve una carica, che mi scuote validamente.
      Nè crediate già che effetti cotanto strepitosi abbian luogo solamente ne’ tempi all’elettricità molto propizj: gli ho ottenuti di poco minori in questi ultimi giorni di nebbia, e pioggia incessante, mercè la sola attenzione di asciugare le lunghe cordicelle di seta, con cui alzo lo scudo.


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Collezione dell'opere del cavaliere conte Alessandro Volta patrizio comasco
Tomo Primo - parte prima
di Alessandro Volta
Editore Romei Firenze
1858 pagine 227

   





Elettroforo Giove