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      Quantunque siano principalmente i temporali, che versan grandine in copia, quelli, che raffreddano a un sì alto segno lo strato d’aria da essi occupato, e dan luogo con ciò a quella colonna discendente, che si ripiega sulla terra, forma, e mantiene il vento freschissimo qui sopra descritto; è nulla di meno facile il concepire, che la medesima cosa può succedere anche per altri temporali senza gragnuola, le nubi dei quali però, come credo che avvenga sempre o quasi sempre, sono andate vicino al termine della congelazione, e l’hanno fors’anco toccato, ed han formato i primi embrioni della grandine, o de’ piccoli grani, i quali non son giunti fino a terra in questa forma, per essere stati fusi durante la loro caduta.
      Che se lo strato d’aria, in cui stettero sospese le nubi temporalesche non ha sofferto un raffreddamento abbastanza grande per divenire specificamente più grave dell’aria della bassa regione; oppure altre cause si oppongano alla discesa di tal massa di aria comunque raffreddata molto, il vento di cui si tratta, vuo’ dire quel vento freddissimo straordinariamente secco, e più o men durevole, che viene in seguito ai temporali massime grandinosi, de’ quali poco fa parlavamo, e che parte, come da centro, dal luogo ove più ha dominato, tal vento, dico, non succederà (chechè sia di qualche altro vento locale e passeggiero, al quale l’istesso temporale può dar moto in altra maniera, e di cui ora non cerco). Allora quella massa d’aria fortemente raffreddata, e se non gelata poco meno, rimanendo a suo luogo in alto, eccola fatta centro di condensazione dei vapori, che il sole alzerà da terra l’indomani, soprattutto verso le ore del mezzodì: ecco il germe, e la base del nuovo temporale, che va a formarvisi, e di molti altri, che si succederanno periodicamente o proveranno di formarsi molti giorni di seguito, in questo stesso campo di battaglia, come ho di sopra spiegato.


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Collezione dell'opere del cavaliere conte Alessandro Volta patrizio comasco
Tomo Primo - parte seconda
di Alessandro Volta
Editore Romei Firenze
1858 pagine 382