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      “Io fui promessa in isposa a un principe sovrano di Massa di Carrara. Che principe! impastato di dolcezza e di vezzi, pieno d’uno spirito brillante, e d’un fervido amore. L’amavo qual suole amarsi ne’ primi amori, con idolatria, e con trasporto. Le nozze eran già preparate, con una pompa e una magnificenza inaudita; non si trattava che di feste, di scarrozzate e di burlette in musica a tutto pasto; e si fecero per tutta l’Italia de’ sonetti sul mio soggetto, di cui non ve ne fu pur uno di passabile. Ero presso al momento della mia felicità, quando una vecchia marchesa che era stata cicisbea del mio principe, invitollo a prender la cioccolata da lei. Morì egli in men di due ore fra orribili convulsioni; ma questo non è nulla. Mia madre disperava, e pur molto meno afflitta di me, volle per qualche tempo involarsi a un sì funesto soggiorno. Aveva ella una bellissima terra presso Gaeta; c’imbarcammo in una galera del paese, dorata come l’altar di san Pietro, ed ecco che un corsal salettino ci dà addosso, e ci abborda. I nostri soldati si difesero da soldati papalini, si misero tutti in ginocchione, gittando le armi, e chiedendo al corsale un’assoluzione in articulo mortis.
      “Furono immediatamente spogliati ignudi come tanti scimmiotti; così mia madre e le nostre damigelle d’onore, e così pur io.
      “Non starò a dirvi quanto sia cosa dura per una giovine principessa l’esser condotta schiava al Marocco; voi comprendete benissimo quel che dovemmo soffrire nel bastimento del corsaro. Mia madre era ancora bellissima, le nostre damigelle d’onore, le nostre semplici cameriere aveano più vezzi di quel che possa trovarsene in tutta l’Africa.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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