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      Questo cagionò un grave scandalo, e se ne fece un processo verbale.
      Candido guarì e nella sua convalescenza ebbe una buonissima compagnia a cenar seco lui. Si giuocava di grosso e Candido si stupiva di veder che non gli venivano mai gli assi; ma non se ne stupiva Martino.
      Fra quei che facevano gli onori della città vi era un abatino di Perigord, uno di quei tipi sempre officiosi, sfrontati, adattabili a tutto, che corteggiano i forastieri che raccontan loro l’istoria scandalosa della città e offrono loro i piaceri a ogni prezzo; questo condusse subito Candido e Martino al teatro della Commedia; si recitava una tragedia nuova; Candido si trovò fra alcuni belli spiriti; questo non gl’impediva di piangere su certe scene perfettamente rappresentate; ma uno de’ ragionatori gli disse in tempo di un intermezzo: — Voi avete torto di piangere: quell’attrice è molto cattiva, l’attore che recita seco è cattivo anch’egli, il contenuto della tragedia è peggiore degli attori, l’autore non sa una parola araba, e intanto la scena è in Arabia; di più egli è un uomo che non crede alle idee innate; io vi farò vedere domani venti libercoli contro di lui. — Signore, gli dice l’abate di Perigord avete voi osservato quella giovinetta che ha un volto sì attraente, e un personale sì ben composto? ella non vi costerà che diecimila franchi il mese e cinquantamila scudi di diamanti.
      — Io non ho tempo di occuparmi di lei, dice Candido perchè son chiamato a Venezia per un affare che mi preme.
      La sera, dopo cena, l’insinuante Perigordino raddoppiò le sue convenienze e le sue attenzioni.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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