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      Ivi entra tutto tremante, tutto agitato; gli palpita il cuore, singhiozza, vuole aprire le cortine del letto, vuol far portare il lume. — Avvertite di non farlo, gli dice la servente: il lume l’ammazza, e immantinente ella serra la cortina — Mia cara Cunegonda, dice Candido piangendo, come state? Se voi non potete vedermi, parlatemi almeno. — Ella non può parlare, dice la servente.
      La dama allora leva una mano pienotta, e Candido la bagna di lacrime; l’empie in seguito di diamanti, e lascia sulla sedia un sacco d’oro.
      A mezzo i suoi trasporti giunge il bargello seguito dall’abate perigordino e da una squadra. — Questi son dunque, dic’egli, que’ due forastieri sospetti?
      Ei li fa tosto legare, e ordina ai suoi famigli di condurli in prigione. — Non si trattan così i forastieri nell’Eldorado, dice Candido. — Io son manicheo più che mai, dice Martino. — Ma, signore, dove ci conducete? soggiunse Candido. — In un fondo di segreta, risponde il bargello.
      Martino, riprendendo la sua mente fredda, giudicò che la dama che si pretendeva Cunegonda fosse una furfante; un furfante il signor abate; che si era così presto servito dell’innocenza di Candido, e un altro furfante il bargello, da cui si potessero facilmente sbrogliare.
      Candido, piuttosto che esporsi alle procedure della giustizia, e d’altra parte impaziente di rivedere la vera Cunegonda, si attenne al consiglio di Martino, e offrì al bargello tre piccoli diamanti di circa tremila pezze l’uno. — Ah signore, gli disse l’uomo del baston d’avorio, quando aveste commessi tutti i delitti immaginabili, siete il più galantuomo del mondo: tre diamanti!


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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