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      Pococurante, aspettando il desinare, si fece eseguire un concerto; a Candido parve la musica graziosissima — Questo suono, dice Pococurante, può divertire per una mezz’ora, ma se dura di più annoja tutti, sebbene nessuno ardisca di confessarlo: la musica oggigiorno non è altro che un’arte di eseguir cose difficili, e ciò che è solamente difficile, a lungo andare piace. Io avrei forse maggior piacere all’opera se non si fosse trovato il secreto di farne un mostro, che mi fa stomacare: vada chi vuole a veder delle cattive tragedie in musica, ove le scene non son fatte che per introdurre male a proposito due o tre ariette ridicole che fanno valere il gorgozzulo d’un’attrice; si intenerisca di piacere chi vuole, o chi può, vedendo un castrato trillare sulla parte di Cesare, e di Catone, e passeggiare goffamente sul palco; per me, io ho rinunziato da gran tempo a tali leggerezze, che fanno la gloria oggigiorno del teatro italiano, e che son pagate da’ sovrani a carissimo presso.
      Candido contese un poco su questo, ma con discrezione, e Martino fu interamente del sentimento del senatore.
      Si misero a tavola, e dopo un eccellente desinare entrarono nella biblioteca. Candido, vedendo un Omero magnificamente legato, lodò l’illustrissimo, sul suo buon gusto. — Ecco, dic’egli, un libro che era la delizia del gran Pangloss, il miglior filosofo dell’Alemagna. — Non è già la mia, risponde freddamente Pococurante: mi si diede ad intendere in passato, che io provavo piacere a leggerlo, ma quella ripetizione continua di combattimenti che sempre si rassomigliano, quegli Dei che agiscon sempre per non concluder nulla, quell’Elena ch’è il soggetto della guerra che appena comparisce sulla scena, quella Troja che si assedia, e non si prende mai, tutto mi cagionava una noja mortale: io ho dimandato qualche volta ad alcuni letterati se s’annojavano come me in quella lettura: i più sinceri mi han confessato che il libro cadeva lor dalle mani, ma che bisognava per altro averlo nella biblioteca, come un monumento dell’antichità, e come quelle medaglie rugginose, che non sono buone a spendersi.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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