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      — Non ne so niente, risponde Pangloss; son due anni che ho abbandonato la nostra abitazione, per venirvi a cercare. Ho scorso quasi tutta la Turchia: mi son portato alla corte di Persia, ove avevo saputo che stavate in barba di micio, e non ho abitato in questo borghetto fra questa buona gente, senonchè per riposarmi, affine di continuare il mio viaggio. — Che vedo mai? dice Candido molto stupito, vi manca un braccio, caro dottore. — Non è niente, disse il dottor guercio e monco; nulla di sì ordinario nel miglior de mondi, che il veder delle genti le quali non hanno che un occhio e un braccio solo. Quest’accidente mi è accaduto in un viaggio alla Mecca. La nostra carovana fu attaccata da una truppa d’Arabi; la scorta volle far resistenza, e secondo i diritti della guerra gli Arabi che si trovarono più forti; ci trucidarono tutti spietatamente. Perirono circa cinquecento persone in questa mischia, fra le quali vi era una dozzina di donne incinte; per me, io non ebbi che il cranio offeso e un braccio tagliato; non ne morii, ed ho sempre trovato che tutto andava ottimamente. Ma voi, mio caro Candido, come va che avete una gamba di legno?
      Allora Candido cominciò a parlare, e raccontò le sue avventure. I nostri filosofi ritornarono insieme nella Propontide, e fecero piacevolmente il loro cammino, discorrendo del mal fisico, del mal morale, della libertà e della predestinazione, delle monadi e dell’armonia prestabilita.
     
     
      CAPITOLO VIII.
     
      Arrivo di Candido e di Pangloss alla Propontide; ciò che videro e ciò che avvenne.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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