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      Uscirono allo spuntar del giorno dalla città, e Candido sempre filosofo, perchè i pregiudizi dell’infanzia non si cancellan mai, tratteneva il suo amico Cacambo sul bene e sul mal fisico, su’ discorsi della saggia Zenoide, sulle lucenti verità che aveva ricavate nella sua conversazione. — Se Pangloss, diceva egli, non fosse morto, io combatterei il suo sistema vittoriosamente. Dio mi guardi di divenir manicheo, la mia amante mi ha insegnato a rispettare il velo impenetrabile sotto il quale la divinità cela la sua maniera di operare su di noi. L’uomo è quello che da sè stesso si è forse precipitato nell’abbisso delle miserie ove egli geme. I selvaggi che noi vedemmo, non mangiano che i gesuiti, e non vivono male fra loro, ed i selvaggi che vivono sparsi ad uno ad uno ne’ boschi, e non campano che di ghiande e d’erbe, son certamente più felici ancora. Dalla società son nati i più gravi delitti. Vi sono uomini nella società che son costretti, per ragion di stato, a desiderare la morte degli uomini. Il naufragio d’un vascello, l’incendio d’una casa, la perdita d’una battaglia, inducono alla mestizia una parte della società, e spargono la gioja in un’altra. Tutto va molto male, mio caro Cacambo, e non v’è per il saggio altro partito da prendere che di tagliarsi la gola più delicatamente che sia possibile. — Avete ragione, disse Cacambo; ma io scorgo un’osteria, voi dovete aver molta sete; andiamo, mio antico padrone, beviamo un poco, e continueremo dopo i nostri trattenimenti filosofici.


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Candido o L'ottimismo satirico
di Voltaire (François Marie Arouet
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 151

   





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