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      Il fatto non è mai il dritto benchè esso sia la condizione indispensabile della manifestazione del dritto.
      Il dritto di proprietà costa di due termini, della persona e della cosa, e della relazione che passa fra questi due termini ed in virtù della quale la persona vuole la cosa. È la volontà soltanto quella che costituisce sola il fondamento della proprietà. Si può sentire una cosa, si può desiderarla, si può occuparla; non pertanto non si dirà mai che quella cosa sia divenuta nostra, se ancora non si è voluta. E ciò è ragionevole e legittimo perchè le altre facoltà ci appartengono come a semplice particolare soggetto, laddove la volontà esprime la nostra universale e razionale essenza.
      Il possesso è un segno al quale le altre persone possono riconoscere che una cosa è già divenuta proprietà di un'altra persona e che perciò non può diventare propria di alcun'altra; ma questo segno non appartiene all'essenza del dritto ed è soltanto la sua esteriore manifestazione. Da ciò deriva che il possesso preso una volta perdura sempre, perchè si riferisce all'atto della volontà il quale è permanente, come è permanente tutto ciò che è razionale. Se la proprietà consistesse nel sensibile ed attuale possesso, cessato questo, cesserebbe quella. Perciò Kant distingueva con molta avvedutezza il possesso transitorio e sensibile dal possesso permanente e intelligibile.
      L'altro termine della proprietà, o il termine oggettivo, è la cosa. La persona non potrebbe mai diventare propria di un'altra persona: ciò ripugnerebbe alla nozione della personalità, che noi abbiamo non ha guari sviluppata.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130

   





Kant