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      Lo spirito, che dell'appagamento sensibile vede la razionalità, non lo considera più come estraneo ma come facendo parte della sua natura medesima; ed in tal caso non si determina più per un altro, ma bensì per sè stesso.
      Fino dalle prime ricerche che si fecero sul bene morale, si disegnarono chiaramente questi due lati opposti da cui risulta. Il bene per Platone contiene la saggezza ed il piacere; la felicità per Aristotile non è scompagnata dalle virtù; talchè per entrambi il bene deriva dalla contemperanza dell'ideale e del sensibile, sebbene in Platone prevalesse l'elemento della virtù, ed in Aristotile quello della felicità. Due scuole posteriori ruppero quest'armonia, e gli Stoici riposero il bene nella sola virtù, come gli Epicurei nella sola felicità. La storia della filosofia morale si riassume in queste due posizioni, o di porre a capo della morale uno dei due principii sopraccennati a discapito dell'altro, ovvero di tentarne l'accordo. Il diverso modo di concepire la conciliazione di questi due elementi opposti è il solo criterio con cui si possono giudicare i sistemi morali.
      Sopra di essi ha esercitato un'influenza innegabile il Cristianesimo, la cui morale volendo aspirare ad una purità forse soverchia non ha sempre tenuto il giusto mezzo, ed ha fatto inclinare gli spiriti verso l'antica esagerazione stoica. Nel sensibile, o secondo la frase evangelica, nella carne e nel mondo si è voluto vedere due nemici dell'uomo come se l'uomo non fosse composto di carne e non vivesse nel mondo.


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Saggio sulla filosofia dello spirito
di Marianna Florenzi Waddington
Editore Le Monnier Firenze
1867 pagine 130

   





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